Un importante documento, che aggiorna il precedente del 2001, sottolinea la posizione dell’American College of Sports Medicine in merito all’attività fisica come strategia primaria per la prevenzione dell’obesità.
Il sovrappeso è definito da un body mass index compreso tra 25 e 29.9 Kg*m-2,mentre l’obesità si presenta superato il valore di 30 Kg*m-2 (1). Entrambe queste due condizioni predispongono a problemi cardiaci, ipertensione, diabete, ad alcuni tipi di tumori e, non da ultimo, a problematiche psicosociali ed economiche.
Il controllo del peso negli Stati Uniti è da tempo uno degli obiettivi più importanti di molte organizzazioni, anche governative (2), poiché l’eccesso di peso vede coinvolto più del 66% della popolazione adulta ed ha un costo sociale annuo di 117 miliardi di dollari.
In Italia la situazione non è poi tanto migliore: il 42% della popolazione adulta è in sovrappeso o è obesa e si arriva al 50% tra gli over 50 (3), con un trend in peggioramento ed un relativo disinteresse da parte delle istituzioni: poco più della metà dei soggetti infatti ha ricevuto, da parte del proprio medico, il consiglio di seguire una dieta e soltanto il 38% di svolgere attività fisica.
Tornando all’articolo, gli autori hanno analizzato la letteratura disponibile dal 1999 e hanno stabilito la dose di attività fisica necessaria ad ottenere diversi obiettivi: mantenere il proprio corretto peso, perdere peso, prevenire l’aumento di peso dopo un importante calo.
Le evidenze scientifiche provano che una moderata attività fisica di durata oscillante tra i 150 e i 250 min/settimana possa efficacemente prevenire l’aumento di peso ma permetta soltanto modesti cali ponderali; Questa quantità di attività fisica associata ad una dieta moderata (500-700 Kcal/giorno in meno dalla normale dieta) può però favorire la perdita di peso. Per cali ponderali clinicamente significativi, che possano cioè influire positivamente sul rischio di malattia, è necessaria un’attività fisica superiore ai 250 min/settimana; essa dovrà essere mantenuta anche quando sarà raggiunto il peso forma, per evitare di riacquisire chili in breve tempo.
Gli autori si soffermano poi sul ruolo dell’allenamento di resistenza, inteso come allenamento muscolare, che ha certamente meno efficacia di quello aerobico nella gestione del peso corporeo, ma che indirettamente può favorirla inducendo nell’organismo un innalzamento del metabolismo (per aumento della massa muscolare), un aumento dell’ossidazione dei grassi e, più in generale, un incremento delle attività fisica che porta ad un maggiore consumo di energia.
L’allenamento di resistenza, così come attività aerobiche pesanti, devono però essere sempre susseguenti alla perdita di peso, allo scopo di evitare rischi per la salute.
Un’ultima interessante considerazione riguarda la diversa efficacia dell’attività fisica quando entra a far piena parte dello stile di vita di una persona o quando invece si impone come un dovere indigesto. Ha un’importanza assoluta capire la differenza tra strategie che, intervenendo sullo stile di vita, aumentano l’attività fisica e forme di stili di vita che la includano. Nel primo caso, si tratta di trovare uno spazio di tempo determinato nel quale svolgere un’attività strutturata, con esercizi definiti; ciò presuppone impegno da parte del soggetto, volontà a proseguire nel tempo tale attività, disponibilità di tempo e risorse. Nel secondo caso, invece, si cerca di modificare il proprio stile di vita affinché attività come l’andare a lavoro (e più in generale gli spostamenti da un luogo all’altro), le pulizie domestiche, il tempo libero, acquisiscano la dimensione di attività fisica clinicamente significativa; ciò consente una maggiore aderenza alle raccomandazioni indicate dagli autori.
In un mondo sempre più sedentario nonostante decenni di avvertimenti, direi che è un buon consiglio!
2 – http://www.nhlbi.nih.gov/health/public/heart/obesity/wecan